Modifiche o invariabilità della Costituzione della Repubblica Italiana ?

Nel corso degli ultimi anni la nostra Costituzione ha subito diverse modifiche, alcune condivisibili, altre meno e su altre ancora abbiamo detto come PRC il nostro parere contrario (come per i parlamentari eletti all’estero con una legge truffaldina o come per il pareggio di bilancio dello Stato e degli enti locali, operativo dall’esercizio finanziario del 2014 che sarà discusso nel 2013). Ora, sotto la spinta dell’attuale Presidente della Repubblica, si vorrebbero apportare al nostro sistema istituzionale altre modifiche (della Costituzione, della Legge elettorale e del sistema di sostegno alle spese della politica) e si è aperto il dibattito in seno al Governo, al Parlamento e fra i Partiti.

I tempi della discussione e di eventuali modifiche non sono simili: per modificare la Costituzione sono obbligati tempi relativamente lunghi (sono previste due letture e votazioni di entrambe le Camere, fra una approvazione e l’altra devono trascorrere almeno 3 mesi e poi è possibile che il 20% dei Parlamentari può chiedere il referendum confermativo così come 500 mila cittadini elettori possono promuovere referendum confermativo –SI o NO alle modifiche- senza quorum minimo. Se la riforma è stata approvata dal 66% dei parlamentari non si può ricorrere al referendum confermativo); per modificare una legge precedente i tempi possono essere molto più brevi.

Proposte irricevibili come l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, il mantenimento del Senato ma con compiti molto diversi da quelli attuali , che nei fatti sarebbero potenziali modificatori anche della prima parte della Costituzione-così come lo è il pareggio di bilancio varato dal Parlamento nell’aprile del 2012-, negando nei fatti la possibilità di applicare gli articoli 3, 4, 9, 31, 32, 34, 37, 38 ,47 della Costituzione.

Un Presidente della Repubblica, se eletto direttamente dagli elettori, sarebbe inevitabilmente un Presidente di parte e mentre oggi per essere eletti alla carica di chi deve rappresentare l’unità nazionale occorrono almeno i 2/3 dei Parlamentari (compresi i 58 delegati regionali previsti dall’articolo 83) entro i primi tre scrutini e dal quarto  la maggioranza del 50% più uno degli aventi diritto-non dei votanti-, con l’elezione diretta a suffragio universale si avrebbe un Presidente rappresentativo di una minoranza (se la norma dovesse prevedere un solo turno di votazione), oppure si innescherebbe il meccanismo del doppio turno fra due o più concorrenti, con dispendio di danaro pubblico- alla faccia della riduzione dei costi della politica- e con sicuramente una minore partecipazione popolare, come avviene in Francia, il cui sistema sembra essere sostenuto da parte del PD e del PdL.

A questo punto sarebbe pure inevitabile modificarne i poteri, aumentandoli anche con contenuti di scelte politiche di tipo economico-sociali e di politica internazionale. Infatti in Francia i candidati si presentano alle elezioni con un loro programma politico chiaro e chi vince nomina il Governo- presieduto dal Presidente della Repubblica-che dovrà attuare il suo programma. Altrimenti con quali criteri si orienterebbero gli elettori per sostenere l’uno o gli altri candidati? Se uomo o donna? Se giovane o anziano ? Se Ligure o Veneto ? Se alto o basso di statura?

E così sarebbe per le eventuali modifiche del Senato. Va semplicemente abolito! Si ridurrebbero automaticamente 315 parlamentari oltre alle spese di funzionamento del Senato. Rimarrebbe il dovere del Governo di convocare le Regioni per definire di comune accordo le competenze di queste e poi sottoporle alla discussione ed eventuale approvazione della Camera, così come dovrebbe essere per gli Enti Locali (abolendo le Provincie).

Quindi non una immodificabilità della Costituzione, ma una revisione in senso democratico sì. Ridurre il numero dei deputati così, senza criterio e solo per rispondere alle spinte populiste, è sbagliato ed antidemocratico.

Infatti da quando è stata istituita la Repubblica il numero degli abitanti in Italia è aumentato, così come è aumentato il numero degli aventi diritto al voto (prima occorreva avere 21 anni per votare per la Camera, oggi ne bastano 18). Eppure si vorrebbe diminuire la rappresentanza di un popolo che è aumentato numericamente e nei diritti al voto. Il problema vero è un altro e cioè quello della legge elettorale. Ma di questo se ne parlerà in seguito, fermo restando che va abolita l’attuale legge.

Enzo Jorfida